Pareto
in breve
|
Pareto
economista
|
|
|
I
primi studi
|
I
primi approcci di Pareto con l'economia possono essere ricondotti
allo studio delle teorie liberiste di Gustave de Molinari,
che ispirarono molti dei primi scritti paretiani. È
comunque attraverso la pubblicazione di una serie di articoli
sul Giornale degli economisti, relativi alla teoria
dei prezzi e ai metodi per affrontare l'analisi economica
attraverso la matematica, che Pareto si impone come uno dei
principali rappresentanti italiani delle più avanzate
e moderne teorie economiche.
Su consiglio dell'amico economista Maffeo Pantaleoni, a partire
dal 1890, aveva studiato le opere di Léon Walras e della scuola
marginalista: la sua conversione alle "nuove dottrine" e ai
principi dell'equilibrio generale fu fulminea e la sua attività
di docente universitario - intrapresa nel 1893 quando Walras
è costretto a dimettersi per motivi di salute - gli
permise di dedicarsi interamente allo studio dell'economia
pura e all'applicazione della matematica alle scienze sociali.
Nel 1893 Pareto è autore di una critica alla teoria
marxiana del valore. Lo
scritto, introduzione a una antologia del Capitale
curata da Paul Lafargue, scatenò violente reazioni,
soprattutto da parte della sinistra. Tuttavia Pareto continuò
ad intrattenere buone relazioni con esponenti del pensiero
socialista, che considerava addirittura più onesti
e seri dei conservatori o dei rappresentanti della classe
politica. A quell'epoca, non esitò a schierarsi a favore
di socialisti perseguitati per le loro idee e non rifiutò
alcuni contributi a pubblicazioni di sinistra. |
|
|
|
Il
Cours e l'equilibrio economico generale
|
Gli
studi dei primi tre anni di insegnamento universitario condussero
alla stesura del Cours d'économe politique, nel quale
Pareto tratta i fenomeni economici secondo i metodi d'analisi dei
fenomeni naturali e li descrive utilizzando rigorosi modelli matematici.
Come in una meccanica razionale, una volta individuate le variabili
che intervengono nel fenomeno e le relazioni fra di esse, espresse
in termini di rapporti funzionali, Pareto perviene ad un sistema
di equazioni differenziali che rappresentano il modello dell'equilibrio
economico generale. Tale modello non può fare a meno di generalizzazioni
ed astrazioni: protagonista delle azioni economiche è l'homo
economicus e l'oggetto che costituisce il parametro fondamentale
dell'intera analisi è l'ofelimità.
In una originale, quanto fondamentale sintesi tra fenomeni economici
e sociali, visti come intimamente correlati, Pareto illustra i principi
generali dell'evoluzione della società (la storia è immobile,
ciclica e l'uomo immutabile nel corso dei secoli) ed elabora una
teoria di fisiologia sociale, in base alla quale sostiene che le
società non sono mai state omogenee. Differenziazioni, antagonismi,
dispute e interessi divergenti sono il risultato di "forze naturali"
e la lotta di classe, espressa sotto forma di concorrenza e di confronto
economico per il potere, "rappresenta il principale evento che domina
la storia": impossibile eliminarla, in quanto "al di sopra, ben
al di sopra, dei pregiudizi e delle passioni dell'uomo planano le
leggi della natura. Eterne, immutabili, sono l'espressione della
potenza creatrice: rappresentano quel che è, quel che deve
essere, quel che non potrebbe essere altrimenti. L'uomo può
pervenire a conoscerle; non può mutarle." (Cours d'économie
politique, § 1068).
|
|
|
La
curva della distribuzione dei redditi |
Secondo
una delle più note elaborazioni teoriche paretiane, che va
sotto il nome di Legge di Pareto, in tutte le nazioni la distribuzione
dei redditi assume graficamente la forma di una curva, definita
comunemente Diagramma
di Pareto, "che ha la forma della punta di una freccia
o, se si preferisce, della punta di una trottola", con il vertice
in alto (curva abc della figura). L'asse y riporta i redditi, l'asse
x gli individui, per cui le classi povere costituiscono la parte
inferiore del Diagramma di Pareto, mentre i ricchi quella superiore,
in corrispondenza del vertice. È possibile aumentare il reddito
minimo, ridurre l'iniqua distribuzione dei redditi, o ottenere cumulativamente
entrambi questi effetti, solo nel caso in cui il volume complessivo
della ricchezza aumenti più rapidamente della popolazione. Un incremento
del numero di grandi ricchezze non determinerebbe affatto una crescita
generale della ricchezza; analogamente un aumento delle classi povere
non comporterebbe un generale impoverimento della nazione. In altre
parole, l'iniqua distribuzione delle ricchezze e la riduzione della
povertà sono due aspetti tra loro molto diversi. La ridistribuzione
delle ricchezze potrebbe altresì allargare la base del Diagramma
di Pareto, appiattendo il suo vertice, ma la diminuzione della ricchezza
subita dagli strati più abbienti sarebbe decisamente inferiore alla
parallela ricchezza acquisita dalle classi più povere, cosicché
la disuguaglianza sociale rimarrebbe praticamente inalterata. Il
miglioramento delle condizioni di vita delle classi indigenti e
il problema di una maggiore giustizia sociale sono legati all'aumento
della produzione piuttosto che alla distribuzione della ricchezza.
|
|
|
Il
Manuale e l'economia applicata alla sociologia |
Pur
continuando a proclamare la sua determinazione nel voler trasformare
le scienze sociali in scienze esatte, dall'inizio del nuovo secolo
Pareto inizia a rivedere profondamente le sue teorie. Scettico sul
progresso e sull''evoluzione della scienza - posizione che lo porta
a distaccarsi dal positivismo e dal liberalismo - crede che la struttura
atomistica e statica della società implichi logicamente il
predominio di individui che si comportano in modo assai diverso
rispetto all'homo economicus perfettamente razionale.
Protagonista del Manuale di economia politica (1906) è così
un homo economicus guidato dall'egoismo, costretto dalla limitatezza
delle risorse economiche, dalla necessità di scambiare beni,
dalle difficoltà di produzione e dagli ostacoli imposti dal
sistema sociale e giudiziario.
Pareto attinge ai concetti di ofelimità, curva d'indifferenza, massimo
del piacere, ecc. per spiegare i diversi tipi di equilibrio, le
proprietà degli equilibri parziali, quelle dell'equilibrio generale,
ma, mentre le teorie tradizionali sull'interesse generale si concentrano
sulla capacità di confrontare il benessere individuale, il massimo
della somma complessiva del benessere e un'equa distribuzione dei
redditi, Pareto sostiene che non è possibile confrontare l'ofelimità
di diversi individui, da cui consegue un completo rifiuto di tutte
le leggi di distribuzione.
Non è più soddisfatto della sua analisi puramente
economica e teorica, tanto che nel Manuale scrive che, volendo operare
uno studio scientifico dei fatti sociali, bisogna tener conto della
realtà e non dei principi astratti. Infatti "le teorie
operano pochissimo per determinare gli atti dell'uomo, molto maggior
forza hanno [...] il tornaconto e le passioni, e sempre si trova
qualche compiacente teoria che li giustifica". Per di più
"l'uomo ha una tendenza spiccatissima a figurarsi come logiche
le azioni non-logiche".
|
|