LA GUERRA A TREMILA METRI. L'estremo settore occidentale del fronte di guerra era formato dal gruppo Ortles-Cevedale, che attraverso il Passo dello Stelvio e la Valle del Braulio, si rinsalda alla catena principale delle Alpi. Esso costituiva di per sé una formidabile barriera di colossi montuosi ricoperti di ghiacciai, tutti superiori a 3000 m, di difficile accesso, così da un versante come dall'altro, con un solo valico carreggiabile, quello dello Stelvio (2757 m); con nessuna mulattiera e pochi sentieri difficili e impervi.
Il fronte Nord comprendeva la catena principale: dal Giogo dello Stelvio attraverso il Monte Scorluzzo, il Monte Cristallo, l'Ortles e il Gran Zebrù fino al Cevedale. Questa giogaia spartiacque, alta quasi 4000 m, caratterizzata da creste sottili e di difficilissima percorribilità, da erte pareti di roccia e ampi ghiacciai, costituiva in guerra una bastionata naturale, un formidabile baluardo protettivo per le truppe.
Il fronte Sud seguiva il crinale, pure elevatissimo e orlato verso Nord di vaste vedrette che dal Cevedale si allungavano fino al Monte Vioz e proseguivano ancora verso Ovest, fino alla Punta S. Matteo. Anche questa muraglia imponente era uno spalto naturale che impediva agli italiani di penetrare nelle Valli di Martello, d'Ultimo e di Sole.
Da questo quadro generale così articolato e complesso nacque l'esigenza di disporre di dati il più possibile particolareggiati del sistema difensivo nemico. Il Comando Artiglieria del 3° Corpo d'Armata diede ordine al Comando Artiglieria del Settore Valtellina di realizzare la ricognizione sul luogo. L'incarico fu affidato al sottotenente Luigi Zappa che, accompagnato da conoscitori della zona, incominciò i lavori a partire dalla Valle del Braulio. Studiate la morfologia della zona e le difese attive e passive, realizzò schizzi panoramici e planimetrici con dovizia di particolari.

Il 23 agosto 1915 S. M. il re Vittorio Emanuele III giunse a Bormio. La sera stessa salì a visitare le posizioni dello Stelvio e la mattina seguente, alle ore 8, ripartì dopo aver effettuato un sopralluogo a Fraele, Oga e S. Caterina.
Certamente non poteva prevedere come si sarebbe svolta la guerra. Le truppe che si fronteggiavano erano specializzate per la guerra d'alta quota sia da parte italiana, gli Alpini, che da parte austriaca, i Kaiserschützen e Kaiserjäger.
In generale i combattimenti avvenivano durante l'estate, stagione che era dedicata anche ad altre necessità quali sistemare, riparare, approntare, migliorare tutte le posizioni; controllare i telefoni da campo e le teleferiche, fissare o rinnovare le corde metalliche di assicurazione per i sentieri e le baracche del fronte; rifornire di viveri, legna e munizioni i presidi.
D'inverno occorreva sopravvivere alle temperature polari e resistere nelle proprie posizioni, costituite da baracche che la neve sommergeva, costringendo i soldati a un continuo e faticoso lavoro di sgombero. A volte i presidi restavano privi di comunicazioni con il fondovalle per settimane, a causa delle valanghe. Queste, oltre a distruggere le linee telefoniche e le teleferiche, furono la causa con altri elementi della natura di ben due terzi dei morti durante tutto il conflitto.